La morte
vivante segna il secondo ritorno al cinema
fantastico dopo la lunga parentesi hard-core fatta esclusivamente per
ragioni alimentari da Rollin. A dir la verità nel frattempo c’era
stata l’anomalia di Le lac des
morts vivants,1
un film nato da un progetto che non gli apparteneva e al quale era
subentrato per sostituire Jess Franco impossibilitato a portarlo a
termine e il disastro di Les Echappees
(1981)2
che non è stato mai proiettato al cinema ed è uscito direttamente
in video. Qui il tema di fondo del film non è la vita dopo la morte,
il vampirismo, la violenza grafica delle immagine. Ciò su cui è
invece basato il film è il ricordo, quel senso di malinconica
nostalgia per il tempo passato che permea il film. Sarebbe esagerato
forse parlare di influenze proustiane, di antico sapore delle
“madelaine” in quella stanza dove Catherine ritrova i ricordi
della sua fanciullezza, ma quell’aria di malinconia, di
struggimento che permea il film pare che abbia origine in quelle
nobili matrici letterarie.
Mentre stanno occultando
dei fusti contenenti dei rifiuti altamente tossici all’interno di
un edificio abbandonato, tre uomini sono aggrediti e uccisi da una
donna risvegliatasi dalla morte a causa dei liquami fuoriusciti da
uno dei bidoni. La ragazza è Catherine, morta pochi anni prima e
ancora conservatasi perfettamente seppur non in grado di parlare e
con un passo caracollante e incerto. Arrivata alla casa della sua
fanciullezza, ora abbandonata e in cerca di affittuari, ritrova i
ricordi del suo passato, i giocattoli, le bambole, le foto, le cose
che le appartenevano e che la fanno tornare al tempo della sua
giovinezza. Insieme a queste cose, torna fortissimo anche il ricordo
della sua amica Helene che si precipita a casa di lei dopo aver
sentito la musica dell’antico carillon che ascoltavano insieme.
Arrivata al castello trova i cadaveri delle vittime di Helene che è
animata dalla necessità di fare tutto per la sua amica, anche
procurare vittime uccidere per permettere ad Elizabeth di continuare
a sopravvivere. Helene cerca di capire cosa le sia successo ma non
esistono spiegazioni plausibili, Catherine è tornata a vivere un
simulacro di vita che ha bisogno di “nutrirsi” di altri corpi per
poter andare avanti, l’unica persona che rispetta è Helene, in
pegno dell’amicizia che le lega da anni e che fu suggellata da un
patto di sangue quando erano bambine. Catherine non vuole però
continuare a vivere nonostante Helene le procuri le vittime da
immolare, e chiede all’amica di lasciarla morire ma Helene non
riuscirà a mantenere la promessa e si fa mordere, succhiare il
sangue fino a morirne dalla “morta vivente”.
E’ uno dei film più
graficamente splatter di Jean Rollin ma anche tra quelli più
romantici in senso assoluto. L’amore che lega le due donne però
non ha un origine o un carattere sessuale, al contrario sembra che ci
sia una vera amicizia che si mantiene e si fortifica nel tempo e
nello spazio, nella vita e nella morte. La sofferenza di Elizabeth
che si tuffa nella malinconia dei ricordi cercando un simulacro di
vitalità che non non le fa accettare la sua situazione presente e la
spinge a chiedere all’amica di sempre di porre fine alle sue
sofferenze in ricordo della grande amicizia si sacrifica per lei.
Come in
Fascination, la lussuria
è più forte dell’amore
e la morte trionfa
e la Blanchard prosciuga
i suoi amici.3
Anche per
La morte vivante
è la memoria che
mi interessa. La ragazza
torna in vita e
ora abita nel suo
antico castello, nella sua
stessa stanza, e ritrova
i balocchi della sua
fanciullezza e altri
ricordi che riaffiorano uno
ad uno. E’ molto
emozionante, molto drammatico.
E questa è per
me la parte più
emozionante del film. I
ricordi delle due ragazze,
il carillon. E alla
fine, prima che una
ragazza uccida e mangi
l’altra, si ricorda
di quando furono entrambi
fanciulle insieme. Il
massacro è una sorta
di scena d’amore…4
Ho girato
solo due film con
la presenza del Gore:
La raisins de
la mort e
La morte
vivante.5
I produttori
volevano un’altra storia
di zombie. Io gli
ho girato intorno e
ho trasformato i morti
viventi in una specie
di donna vampiro (…)
includendo anche il tema
del ricordo della
fanciullezza che avevo già
utilizzato precedentemente (per
esempio in Levres
de sang). (…)
La relazione tra le
due antiche amiche di
gioventù è piena di
tenerezza così come le
parole che si scandiscono
nella scena finale.
Francoise Blanchard aveva
interiorizzato perfettamente il
suo ruolo e recitato
con grande convinzione.
Marina Pierro è spesso
intensa e drammatica. Nel
film recitarono anche
alcuni amici miei: Alain
Petit, Jean-Pierre Bouyxou…
Il furto di cadaveri
iniziale era ispirato a
Frankenstein contro
l’uomo
lupo, un film
che mi dette grandi
emozioni quando ero un
bambino. E’più un
tributo che un plagio,
come quella con Brigitte
Lahaie e il cane,
un omaggio a La
maschera del
demonio di Mario
Bava. (…) Fondamentale nella
scena quando la ragazza
morta torna nella sua
camera di quando era
una bambina, è la
musica di Philippe D’Aram
che fonde magnificamente i
ricordi della fanciullezza
perduta con quella della
gioventù perduta. (…)
Il giovane
Benoit Lestaing e i
suoi ragazzi si occuparono
degli effetti Gore. Quello
fu il suo primo
vero lavoro professionale.
(…) La scena del
pipistrello insanguinato fu
girata casualmente per via
che l’animale entrò
in scena e si
macchiò del sangue che
veniva schizzato da tutte
le parti. (…) A causa
di quella scena, si
potrebbe dire che La
morte vivante
è una specie di
film di vampiri. (…) I
problemi sorsero dopo la
fine delle riprese quando
il co-produttore se
la filò lasciandomi con
i conti dei professionali
da pagare. Poi andò
in bancarotta e io
rimasi con tutte le
fatture da pagare. Ci
ho messo anni per
saldare tutti i debiti.
(…). La morte
vivante ricevette il
Premio Speciale del
Pubblico al Fantafestival
di Roma.6
Andai a
Roma ad incontrare Theresa
(Ann Savoy N.d.R.).
La prima volta che
ci incontrammo nell’ufficio
del suo agente, lei
mi disse che in
nessuna circostanza avrebbe
mai lavorato con me.
(…)Rimasi molto amareggiato
perché sarebbe stato un
sogno fare un film
con lei. (…) Per il
suo ruolo prendemmo allora
Francoise Blanchard. Le
riprese furono durissime
per Francoise tanto che
collassò durante la scena
finale. (…). Quando arrivò
il medico di campagna
e la trovò svenuta,
seminuda e coperta di
sangue voleva chiamare la
polizia. (…). L’altra
protagonista era Marina
Pierro (…). Fu piacevole
lavorare con lei anche
se era molto vanitosa
e preoccupata solamente di
come veniva ripresa. (…).
Ci sono
molte cose buone nel
film. Ovviamente ci furono
alcune compromessi commerciali,
l’idea dell’inquinamento
chimico non era proprio
il massimo. (…) Dal punto
di vista dell’incasso
resta comunque il mio
maggior successo e vinse
il Premio del Pubblico
al Fantafestival di Roma.7
2
Conosciuto anche come Les paumées du
petit matin.
4
Intervista a J. Rollin a cura di Andy Black in Necronomicon,
Cit.
7
Intervista a Peter Blumenstock, Maggio 1995, in Jean Rollin, Virgins
& Vampires, Cit.
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