lunedì 9 maggio 2016

LA MORTE VIVANTE di Gian Luca Castoldi




La morte vivante segna il secondo ritorno al cinema fantastico dopo la lunga parentesi hard-core fatta esclusivamente per ragioni alimentari da Rollin. A dir la verità nel frattempo c’era stata l’anomalia di Le lac des morts vivants,1 un film nato da un progetto che non gli apparteneva e al quale era subentrato per sostituire Jess Franco impossibilitato a portarlo a termine e il disastro di Les Echappees (1981)2 che non è stato mai proiettato al cinema ed è uscito direttamente in video. Qui il tema di fondo del film non è la vita dopo la morte, il vampirismo, la violenza grafica delle immagine. Ciò su cui è invece basato il film è il ricordo, quel senso di malinconica nostalgia per il tempo passato che permea il film. Sarebbe esagerato forse parlare di influenze proustiane, di antico sapore delle “madelaine” in quella stanza dove Catherine ritrova i ricordi della sua fanciullezza, ma quell’aria di malinconia, di struggimento che permea il film pare che abbia origine in quelle nobili matrici letterarie.
Mentre stanno occultando dei fusti contenenti dei rifiuti altamente tossici all’interno di un edificio abbandonato, tre uomini sono aggrediti e uccisi da una donna risvegliatasi dalla morte a causa dei liquami fuoriusciti da uno dei bidoni. La ragazza è Catherine, morta pochi anni prima e ancora conservatasi perfettamente seppur non in grado di parlare e con un passo caracollante e incerto. Arrivata alla casa della sua fanciullezza, ora abbandonata e in cerca di affittuari, ritrova i ricordi del suo passato, i giocattoli, le bambole, le foto, le cose che le appartenevano e che la fanno tornare al tempo della sua giovinezza. Insieme a queste cose, torna fortissimo anche il ricordo della sua amica Helene che si precipita a casa di lei dopo aver sentito la musica dell’antico carillon che ascoltavano insieme. Arrivata al castello trova i cadaveri delle vittime di Helene che è animata dalla necessità di fare tutto per la sua amica, anche procurare vittime uccidere per permettere ad Elizabeth di continuare a sopravvivere. Helene cerca di capire cosa le sia successo ma non esistono spiegazioni plausibili, Catherine è tornata a vivere un simulacro di vita che ha bisogno di “nutrirsi” di altri corpi per poter andare avanti, l’unica persona che rispetta è Helene, in pegno dell’amicizia che le lega da anni e che fu suggellata da un patto di sangue quando erano bambine. Catherine non vuole però continuare a vivere nonostante Helene le procuri le vittime da immolare, e chiede all’amica di lasciarla morire ma Helene non riuscirà a mantenere la promessa e si fa mordere, succhiare il sangue fino a morirne dalla “morta vivente”.
E’ uno dei film più graficamente splatter di Jean Rollin ma anche tra quelli più romantici in senso assoluto. L’amore che lega le due donne però non ha un origine o un carattere sessuale, al contrario sembra che ci sia una vera amicizia che si mantiene e si fortifica nel tempo e nello spazio, nella vita e nella morte. La sofferenza di Elizabeth che si tuffa nella malinconia dei ricordi cercando un simulacro di vitalità che non non le fa accettare la sua situazione presente e la spinge a chiedere all’amica di sempre di porre fine alle sue sofferenze in ricordo della grande amicizia si sacrifica per lei.


Come in Fascination, la lussuria è più forte dellamore e la morte trionfa e la Blanchard prosciuga i suoi amici.3

Anche per La morte vivante è la memoria che mi interessa. La ragazza torna in vita e ora abita nel suo antico castello, nella sua stessa stanza, e ritrova i balocchi della sua fanciullezza e altri ricordi che riaffiorano uno ad uno. Emolto emozionante, molto drammatico. E questa è per me la parte più emozionante del film. I ricordi delle due ragazze, il carillon. E alla fine, prima che una ragazza uccida e mangi laltra, si ricorda di quando furono entrambi fanciulle insieme. Il massacro è una sorta di scena damore4

Ho girato solo due film con la presenza del Gore: La raisins de la mort e La morte vivante.5

I produttori volevano unaltra storia di zombie. Io gli ho girato intorno e ho trasformato i morti viventi in una specie di donna vampiro (…) includendo anche il tema del ricordo della fanciullezza che avevo già utilizzato precedentemente (per esempio in Levres de sang). (…) La relazione tra le due antiche amiche di gioventù è piena di tenerezza così come le parole che si scandiscono nella scena finale. Francoise Blanchard aveva interiorizzato perfettamente il suo ruolo e recitato con grande convinzione. Marina Pierro è spesso intensa e drammatica. Nel film recitarono anche alcuni amici miei: Alain Petit, Jean-Pierre BouyxouIl furto di cadaveri iniziale era ispirato a Frankenstein contro luomo lupo, un film che mi dette grandi emozioni quando ero un bambino. Epiù un tributo che un plagio, come quella con Brigitte Lahaie e il cane, un omaggio a La maschera del demonio di Mario Bava. (…) Fondamentale nella scena quando la ragazza morta torna nella sua camera di quando era una bambina, è la musica di Philippe DAram che fonde magnificamente i ricordi della fanciullezza perduta con quella della gioventù perduta. (…)
Il giovane Benoit Lestaing e i suoi ragazzi si occuparono degli effetti Gore. Quello fu il suo primo vero lavoro professionale. (…) La scena del pipistrello insanguinato fu girata casualmente per via che lanimale entrò in scena e si macchiò del sangue che veniva schizzato da tutte le parti. (…) A causa di quella scena, si potrebbe dire che La morte vivante è una specie di film di vampiri. (…) I problemi sorsero dopo la fine delle riprese quando il co-produttore se la filò lasciandomi con i conti dei professionali da pagare. Poi andò in bancarotta e io rimasi con tutte le fatture da pagare. Ci ho messo anni per saldare tutti i debiti. (…). La morte vivante ricevette il Premio Speciale del Pubblico al Fantafestival di Roma.6

Andai a Roma ad incontrare Theresa (Ann Savoy N.d.R.). La prima volta che ci incontrammo nellufficio del suo agente, lei mi disse che in nessuna circostanza avrebbe mai lavorato con me. (…)Rimasi molto amareggiato perché sarebbe stato un sogno fare un film con lei. (…) Per il suo ruolo prendemmo allora Francoise Blanchard. Le riprese furono durissime per Francoise tanto che collassò durante la scena finale. (…). Quando arrivò il medico di campagna e la trovò svenuta, seminuda e coperta di sangue voleva chiamare la polizia. (…). Laltra protagonista era Marina Pierro (…). Fu piacevole lavorare con lei anche se era molto vanitosa e preoccupata solamente di come veniva ripresa. (…).
Ci sono molte cose buone nel film. Ovviamente ci furono alcune compromessi commerciali, lidea dellinquinamento chimico non era proprio il massimo. (…) Dal punto di vista dellincasso resta comunque il mio maggior successo e vinse il Premio del Pubblico al Fantafestival di Roma.7





1 Conosciuto anche come Zombie Lake.
2 Conosciuto anche come Les paumées du petit matin.
3 Phil Hardy, The Aurum Film Encyclopedia, Cit.
4 Intervista a J. Rollin a cura di Andy Black in Necronomicon, Cit.
5 Andrea Capizzi, Jean Rollin, Cit.
6 Jean Rollin, Virgins & Vampires, Cit.
7 Intervista a Peter Blumenstock, Maggio 1995, in Jean Rollin, Virgins & Vampires, Cit.

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