lunedì 16 maggio 2016

IL CINEMA HARDCORE DI JEAN ROLLIN di Michele Tosolini


Una carriera parallela nel cinema porno può scioccare o rendere perplessi i fruitori dell'exploitation di Jean Rollin. Il regista ha sempre cercato di scavalcare i generi (con Phantasmes, ad esempio), di mescolarli creando una surreale commistione tra il dramma sullo sfondo, l'orrore e il sesso (con le sue vampire nude). Rollin non solo però riesce a giocare con i generi e le etichette del cinema di serie B, ma innalza l'exploitation con la poesia, la più fredda rappresentazione attoriale viene riversata teatralità della rappresentazione, e ancora semplici oggetti divengono simulacri di significati oscuri e esoterici.
A partire da questo carattere peculiare di Rollin, si può capire come, il passaggio al porno possa essere una facile discesa in languidi territori già facenti parte dei territori espressivi dell'autore.
Mettendo per ora da parte le motivazioni reali, ossia quelle economiche, proviamo a scoprire come hardcore sia una possibilità vicina al cinema di Jean Rollin, e non un genere a sé stante, chiuso, ascritto a modi peculiari della rappresentazione e destinato ad un pubblico altro rispetto a quello del cinema d'autore o del B-cinema.
Il porno nella sua forma rappresentativa non è diverso dall'exploitation, dal cinema autoriale o da quello mainstream, perché nella sua essenza è “fiction”. I detrattori dell'hardcore lo allontanano dai territori del cinema in quanto, affermano, è “puro sesso” di fronte alla telecamera, un vero coito di fronte alla macchina da presa e quindi lontano da ciò che dovrebbe essere l'anima del cinema. Niente di più sbagliato. Il porno non è solo la ripresa di una serie di atti sessuali reali, ma è la rappresentazione di essi: il coito, ad esempio, è “costruito”, nonostante sia vero, e, appunto, è costruito in quel dato modo per essere ripreso. Le posizioni, le diverse posture del corpo sono del tutto innaturali e realizzate ad hoc per essere riprese. Possiamo quindi parlare di porno come di una rappresentazione di una seri di atti sessuali, o ancora meglio, di una serie di atti sessuali recitati, realizzati in un certo modo (espressivo) per essere ripresi.
Ciò non toglie che per il carattere di fruizione (consumo) del porno, questo si presta ad uno sfruttamento economico simile (se non maggiorato) a quello della sexploitation, di cui Rollin ne è protagonista.
Già si è accennato nell'introduzione ad una certa inclinazione dell'exploitation a utilizzare attori e attrici provenienti dai circuiti hardcore. I motivi economici sono senza dubbio da ricercare nelle ristrettezze dei budget di produzione: lavorare con attori del porno è senza dubbio più economico, ma ciò permette anche ai registi e ai produttori di poter consegnare al mercato due pellicole al costo di una aumentando così le possibilità di guadagno. È il caso, ad esempio, di Lèvres de sang, con il quale Jean Rollin confeziona un prodotto X-rated (titolato Suce-moi vampire) aggiungendo alcune sequenze hardcore alla pellicola originale.
Il nudo è sempre una costante del cinema di Jean Rollin, sia che si tratti delle “sue vampire nude”, sia che si tratti della sua cinematografia sexploitation. Nel 1974 dirige sotto lo pseudonimo di Michel Gentil Schiave del piacere (Tout le monde il en a deux) un softcore francese in cui l'amore saffico e le sequenze lesbo non prevedono l'elemento del vampirismo tipico del suo cinema delle vampire. Questa pellicola non aggiunge molto alla produzione costante dell'erotico francese anni '70, ma, alla luce della filmografia del regista, ci illumina l'amore carnale tra due donne come un'ossessione tipica rolliniana, e un piccolo passo verso le successive pellicole hard. Con l'aggiunta di alcune sequenze hard, e ribattezzato Bacchanales sexuelles, Schiave del piacere fu un piccolo successo al botteghino delle sale a luci rosse.
Nella sua autobiografia Rollin racconta che in una scena di nudo del film Jeunes filles impudiques (1973) resa particolarmente difficile dalla virilità poco celabile del protagonista maschile, complice l'attrice Gilda Arancio, la troupe si trovò di fronte un amplesso tutt'altro che simulato.1
A metà degli anni '70, tuttavia, le difficoltà economiche di Rollin lo spingono a girare film porno tout-court: Ho diretto X-rated film per guadagnare qualcosa per vivere afferma il regista in una recente intervista – Non amo quei film ma dirigerli è stato divertente. Ricordo quel periodo con piacere, mi piacevano le persone con cui lavoravo e si girava per uno o due giorni al massimo... era molto divertente, c'era sempre una piacevole atmosfera. Ma non sono film interessanti, è tutto ciò che posso dire.2
L'ultimo tentativo di cercare una certa autorialità in una produzione non dichiaratamente hardcore (ma lo è) è Phantasmes dove, a differenza dei precedenti softcore e successivi porno, non utilizza alcun pseudonimo (lo troviamo addirittura in un piccolo cameo nella parte di uno stupratore). La commistione dei generi – fantastico, horror, gotico, erotico, pornografico – rende difficile incasellare il film in un'etichetta precisa, che forse non potrebbe essere che “rollinade”. Il film racconta la storia di Amy, una ragazza virginale che, dopo essere sfuggita ad un tentativo di stupro, si ritrova in un castello (tipica ambientazione rolliniana) in cui un incontra un vedovo apparentemente innocente ma che si rivela gran cerimoniere di riti sadiani e orge bondage.
Dopo Phantasmes Jean Rollin si dedica (utilizzando lo pseudonimo di Michel Gentil e Robert Xavier) ad una ricca produzione di film porno, per nulla autoriali, ma che gli permettono, dalla fine degli anni '70 di girare nuovamente pellicole non hard.
Tra la metà e la fine degli anni '70 Rollin gira quattordici porno: Douces pénétrations e La comtesse Ixe nel 1976; Saute-moi dessus, Hard Penetration, Vibrazioni, Positions danoises nel 1977; Remplissez-moi... les 3 trous, Le piccole collegiali (Petites pensionnaires impudiques, Lèvres entroverses, Hyperpénétrations, Disco Sex (Discosex) nel 1978; Gamines in chaleur, Bouches lascives et pornos, Pénétrations viceuses nel 1979. Dopo una piccola parentesi all'inizio degli anni 80 in cui si dedica ai suoi film sui morti viventi, Rollin ritorna al porno con Rêves de sexe nel 1982, mentre l'anno successivo gira Apprendiste viziose (Sodomanie) e Folies anales. Nel 1994 scrive una sceneggiatura porno (Le parfum de Mathilde) per Marc Dorcel, noto produttore di film porno.3
Dopo la parentesi porno, Rollin giunge alla fine degli anni '70 con una nuova coscienza d'autore: lasciatosi alle spalle i libertinaggi da camera da presa delle vampire nude, il suo cinema appare più languido, ancorato ancor più a immagini chiave che nascondono il potere del ricordo e del rimorso. E se pellicole come Les raisins de la mort (1978) Fascination (1979) e La morte vivante (1982) sono tra le sue riuscite migliori, spesso tradiscono la necessità di imbrigliare le pulsioni dell'inconscio (Fascination nasce da due accostamenti inconsueti: la pornodiva Brigitte Lahaie vestita in abiti inizio '900 e due dame dell'alta società che bevono sangue come rosolio in un mattatoio) all'interno di canovacci di genere.4




1 Jean Rollin, MoteurCoupez!, Cit., p. 146.
2 Andy Black, Clocks, Seagulls, Romeo and Juliet, Cit.
3 Pur non essendo accreditato come regista, il film sembra essere codiretto da Rollin e Dorcel.
4 Roberto Curti, Jean Rollin, in Il rasoio e la luna, Cit., p.25.

giovedì 12 maggio 2016

RAGAZZE IN AMORE di Michele Tosolini



Nella filmografia di Jean Rollin incontriamo non solo la presenza di filoni portanti (le sue vampire nude, i peculiari morti viventi, il cinema hardcore), notiamo un certo scambio tra questi. Se il cinema delle vampire ha come tematica forte quella sessuale (preferibilmente saffico o orgiastico), tutti i suoi film, a parte e solo in parte la produzione hardcore, nascono da un rapporto tra Eros e Thanathos, dove spesso entrambi convivono, ma altre volte prevale nettamente uno sull'altro. Oltre alla produzione dichiaratamente porno dell'autore, Rollin si dimostra anche più pacato con film erotici o softcore come Les Trattoirs de Bankock (1984), o nelle collaborazioni con Jesus Franco (Emmanuelle 6 del 1988,e A la poursuite de Barbara del 1991). Nel 1993 dirige persino una sorta di thriller, Killing Car, nel 1985 una commedia titolata Ne prends pas les poulets pour des pigeons, mentre lo troviamo disinvolto anche in un prodotto televisivo basato sulle avventure del detective Harry Dickson (La griffe d'Horus, 1990).
Uno dei film più interessanti della produzione meno conosciuta di Jean Rollin è Ragazza in amore (La nuit des traquées, 1980). Il tema della morte qui è presente soprattutto legata al ricordo, tuttavia in questa pellicola non incontriamo morti viventi o vampire porno in cimiteri abbandonati o all'interno di rovine di castelli diroccati. La sessualità è centrale anche in questa pellicola, ma in un modo differente da tutti gli altri film del regista francese. La tematica centrale del film è un tema caro al surrealismo: la memoria umana.
Girato in nove giorni con il budget di un porno,1 il film ci introduce in atmosfere rarefatte, spesso torbide, che accompagnano vicende, come di consueto, che si intrecciano tra il reale e l’onirico. Il cast di Ragazza in amore è variegato: Rollin chiama alcuni attori conosciuti sui set hardcore mescolandoli con altri provenienti da esperienze, seppur in ruoli minori, in film della Nouvelle Vague. Se Les Raisins de la mort è fortemente connesso al cinema degli zombi di George Romero, Ragazza in amore si ispira ai primi lavori del regista canadese David Cronenberg. L’atmosfera clinica e fredda, l’irreale che sconfina nella realtà, la dimensione psichica della vicenda e la forte connotazione sessuale della malattia mentale della protagonista rimandano immediatamente lo spettatore ai capolavori del primo Cronenberg come Il demone sotto la pelle (Shivers, 1975) e a Rabid, sete di sangue (Rabid, 1977).2
Una notte, Robert incontra una ragazza, Elisabeth (Brigitte Lahaie) che sembra aver perduto la memoria. I due si innamorano appassionatamente e lei spiega in maniera romantica e tragica la sua situazione: “Noi apparteniamo a questo mondo. L’unico mondo esistente. Il mondo del momento presente”. Elisabeth, infatti, non ricorda nulla del suo passato, della sua storia, perché la sua mente trattiene solo l’attimo del momento presente: “Tu – dice a Robert – sei l’unico ricordo che adesso ho”. Il romanticismo cede il passo alla drammaticità della condizione in cui se Robert non è presente a Elisabeth, lei lo dimentica.
Elisabeth viene ritrovata dal suo dottore che la riporta in una clinica psichiatrica. Robert cerca una via di fuga, ma i tentativi risultano vani proprio a causa del problema che affligge Elisabeth. La sua condizione, tuttavia, non è unica e non deriva da cause psicologiche: tutti i pazienti della clinica sono affetti dalla perdita cronica della memoria regressiva, a causa di un avvelenamento da radiazioni. La vicenda, sul finale acquista pathos e drammaticità: il governo, di fronte a un possibile scandalo sulle radiazioni insabbia la vicenda, così ché la storia di Elisabeth e Robert venga dimenticata.
Il tema della sessualità, come di consueto nel cinema di Rollin, è molto forte e connesso a quello della memoria. Non solo la fotografia in tutto il film sembra accanirsi sul corpo nudo di Elisabeth e delle altre detenute della clinica, ma l’esperienza sessuale di chi soffre del disagio di Elisabeth riassume la sua condizione drammatica dell’esserci nell’istante, e del dimenticare poi quell’esperienza ritrovando nella successiva una nuova verginità: “tutto quello che il mio corpo ha fatto prima – afferma Elisabeth – è stato dimenticato. I detenuti si aggrappano proprio all’esperienza sessuale come simbolo di vita e di come la propria vita e il proprio mondo stanno rapidamente evaporando.


1 Esiste una versione hardcore della pellicola, titolata Les filles des traquees.
2 L'influenza di cronenberghiana in Ragazza in amore è stata messa in luce da Scott Grantham in Video Watchdog 53, settembre-ottobre 1999.

lunedì 9 maggio 2016

LA MORTE VIVANTE di Gian Luca Castoldi




La morte vivante segna il secondo ritorno al cinema fantastico dopo la lunga parentesi hard-core fatta esclusivamente per ragioni alimentari da Rollin. A dir la verità nel frattempo c’era stata l’anomalia di Le lac des morts vivants,1 un film nato da un progetto che non gli apparteneva e al quale era subentrato per sostituire Jess Franco impossibilitato a portarlo a termine e il disastro di Les Echappees (1981)2 che non è stato mai proiettato al cinema ed è uscito direttamente in video. Qui il tema di fondo del film non è la vita dopo la morte, il vampirismo, la violenza grafica delle immagine. Ciò su cui è invece basato il film è il ricordo, quel senso di malinconica nostalgia per il tempo passato che permea il film. Sarebbe esagerato forse parlare di influenze proustiane, di antico sapore delle “madelaine” in quella stanza dove Catherine ritrova i ricordi della sua fanciullezza, ma quell’aria di malinconia, di struggimento che permea il film pare che abbia origine in quelle nobili matrici letterarie.
Mentre stanno occultando dei fusti contenenti dei rifiuti altamente tossici all’interno di un edificio abbandonato, tre uomini sono aggrediti e uccisi da una donna risvegliatasi dalla morte a causa dei liquami fuoriusciti da uno dei bidoni. La ragazza è Catherine, morta pochi anni prima e ancora conservatasi perfettamente seppur non in grado di parlare e con un passo caracollante e incerto. Arrivata alla casa della sua fanciullezza, ora abbandonata e in cerca di affittuari, ritrova i ricordi del suo passato, i giocattoli, le bambole, le foto, le cose che le appartenevano e che la fanno tornare al tempo della sua giovinezza. Insieme a queste cose, torna fortissimo anche il ricordo della sua amica Helene che si precipita a casa di lei dopo aver sentito la musica dell’antico carillon che ascoltavano insieme. Arrivata al castello trova i cadaveri delle vittime di Helene che è animata dalla necessità di fare tutto per la sua amica, anche procurare vittime uccidere per permettere ad Elizabeth di continuare a sopravvivere. Helene cerca di capire cosa le sia successo ma non esistono spiegazioni plausibili, Catherine è tornata a vivere un simulacro di vita che ha bisogno di “nutrirsi” di altri corpi per poter andare avanti, l’unica persona che rispetta è Helene, in pegno dell’amicizia che le lega da anni e che fu suggellata da un patto di sangue quando erano bambine. Catherine non vuole però continuare a vivere nonostante Helene le procuri le vittime da immolare, e chiede all’amica di lasciarla morire ma Helene non riuscirà a mantenere la promessa e si fa mordere, succhiare il sangue fino a morirne dalla “morta vivente”.
E’ uno dei film più graficamente splatter di Jean Rollin ma anche tra quelli più romantici in senso assoluto. L’amore che lega le due donne però non ha un origine o un carattere sessuale, al contrario sembra che ci sia una vera amicizia che si mantiene e si fortifica nel tempo e nello spazio, nella vita e nella morte. La sofferenza di Elizabeth che si tuffa nella malinconia dei ricordi cercando un simulacro di vitalità che non non le fa accettare la sua situazione presente e la spinge a chiedere all’amica di sempre di porre fine alle sue sofferenze in ricordo della grande amicizia si sacrifica per lei.


Come in Fascination, la lussuria è più forte dellamore e la morte trionfa e la Blanchard prosciuga i suoi amici.3

Anche per La morte vivante è la memoria che mi interessa. La ragazza torna in vita e ora abita nel suo antico castello, nella sua stessa stanza, e ritrova i balocchi della sua fanciullezza e altri ricordi che riaffiorano uno ad uno. Emolto emozionante, molto drammatico. E questa è per me la parte più emozionante del film. I ricordi delle due ragazze, il carillon. E alla fine, prima che una ragazza uccida e mangi laltra, si ricorda di quando furono entrambi fanciulle insieme. Il massacro è una sorta di scena damore4

Ho girato solo due film con la presenza del Gore: La raisins de la mort e La morte vivante.5

I produttori volevano unaltra storia di zombie. Io gli ho girato intorno e ho trasformato i morti viventi in una specie di donna vampiro (…) includendo anche il tema del ricordo della fanciullezza che avevo già utilizzato precedentemente (per esempio in Levres de sang). (…) La relazione tra le due antiche amiche di gioventù è piena di tenerezza così come le parole che si scandiscono nella scena finale. Francoise Blanchard aveva interiorizzato perfettamente il suo ruolo e recitato con grande convinzione. Marina Pierro è spesso intensa e drammatica. Nel film recitarono anche alcuni amici miei: Alain Petit, Jean-Pierre BouyxouIl furto di cadaveri iniziale era ispirato a Frankenstein contro luomo lupo, un film che mi dette grandi emozioni quando ero un bambino. Epiù un tributo che un plagio, come quella con Brigitte Lahaie e il cane, un omaggio a La maschera del demonio di Mario Bava. (…) Fondamentale nella scena quando la ragazza morta torna nella sua camera di quando era una bambina, è la musica di Philippe DAram che fonde magnificamente i ricordi della fanciullezza perduta con quella della gioventù perduta. (…)
Il giovane Benoit Lestaing e i suoi ragazzi si occuparono degli effetti Gore. Quello fu il suo primo vero lavoro professionale. (…) La scena del pipistrello insanguinato fu girata casualmente per via che lanimale entrò in scena e si macchiò del sangue che veniva schizzato da tutte le parti. (…) A causa di quella scena, si potrebbe dire che La morte vivante è una specie di film di vampiri. (…) I problemi sorsero dopo la fine delle riprese quando il co-produttore se la filò lasciandomi con i conti dei professionali da pagare. Poi andò in bancarotta e io rimasi con tutte le fatture da pagare. Ci ho messo anni per saldare tutti i debiti. (…). La morte vivante ricevette il Premio Speciale del Pubblico al Fantafestival di Roma.6

Andai a Roma ad incontrare Theresa (Ann Savoy N.d.R.). La prima volta che ci incontrammo nellufficio del suo agente, lei mi disse che in nessuna circostanza avrebbe mai lavorato con me. (…)Rimasi molto amareggiato perché sarebbe stato un sogno fare un film con lei. (…) Per il suo ruolo prendemmo allora Francoise Blanchard. Le riprese furono durissime per Francoise tanto che collassò durante la scena finale. (…). Quando arrivò il medico di campagna e la trovò svenuta, seminuda e coperta di sangue voleva chiamare la polizia. (…). Laltra protagonista era Marina Pierro (…). Fu piacevole lavorare con lei anche se era molto vanitosa e preoccupata solamente di come veniva ripresa. (…).
Ci sono molte cose buone nel film. Ovviamente ci furono alcune compromessi commerciali, lidea dellinquinamento chimico non era proprio il massimo. (…) Dal punto di vista dellincasso resta comunque il mio maggior successo e vinse il Premio del Pubblico al Fantafestival di Roma.7





1 Conosciuto anche come Zombie Lake.
2 Conosciuto anche come Les paumées du petit matin.
3 Phil Hardy, The Aurum Film Encyclopedia, Cit.
4 Intervista a J. Rollin a cura di Andy Black in Necronomicon, Cit.
5 Andrea Capizzi, Jean Rollin, Cit.
6 Jean Rollin, Virgins & Vampires, Cit.
7 Intervista a Peter Blumenstock, Maggio 1995, in Jean Rollin, Virgins & Vampires, Cit.